Stare al centro dell’attenzione non lo intimava, soprattutto quando poteva esibirsi in prima linea in testa alla banda musicale della sua città, che era la sua grande passione.
Il ricordo del “Er Moretto,” , estroso menestrello al secolo Vincenzo Aiello, è il primo attestato pubblico del grande affetto che la città sente per questo suo storico personaggio.
Una cara figura, sicuramente è stato tra i miei ricordi più significati, Vincenzo Aiello, ex dipendente comunale con mansione di necroforo presso il cimitero cittadino e storico "Pazzariello" del folklore angrese
Anche fuori da quello spazio immutabile ed eterno sapeva farsi amare ed apprezzare per le sue caratteristiche, O'Revotapoplo, O'pazzariello, lo O'scugnizzo sono stati per Vincenzo lo spasso passionale, lontano dalla vita frenetica di ogni giorno, lui era il mazziere, quello che dirige la banda un ruolo che si seppe ritagliare in maniera perfetta.
Aiello aveva le capacità di generare potenzialità nascoste e creare legami sociali con bambini, adolescenti, giovani, adulti, anziani, donne e disabili, elemento che costituisce una delle eredità più preziose che la nostra terra abbia mai avuto.
Da ragazzi quando ci recavamo al camposanto, la solennità e il silenzio di questo luogo, erano spezzati dai suoi aneddoti. Vincenzo amava dipingere con colori forti il grigiore del lutto, amava anestetizzare il dolore della scomparsa con i suoi vivaci racconti, la sua personale “spoon river” angrese, un vero trascinatore.
Aiello è stato una delle ultime grandi figure “caratteristiche” di questo paese, che da oggi ne conserva memoria tra le righe della storia.
Vincenzo, diventava nelle uscite con i gruppi da lui campeggiati un burattino elettrizzato, il suo corpo diventava marionetta, una disarticolazione corporea, era definito come Totò, danzava e recitava, la sua figura incredibilmente fatta di slanci, un’arte scenica verificabile solo nelle testimonianze di chi ha avuto la fortuna di vederlo esibirsi nelle piazze. Una sorta di gioia intima, esuberanza e vitalità diventavano vere gag come se dicesse di continuo, in sottofondo: ‘Mi agito tanto e anche voi vi agitate tanto: siamo già scheletri dentro di noi, e finiremo, tutti, stecchiti
Certo, i suoi 76 anni non li dimostrava, rimarrà eterno ragazzo ingenuo e innocente dai modi imprevedibili e istrionici. Per i reggini di almeno due generazioni “Vincenzo il Becchino” l’amicone sorridente o il pazzariello, che con i suoi anni era affabile, una presenza familiare che fa parte dell’aspetto nel colorare la città, pronto a regalare con i suoi racconti, persino perle di saggezza, quello che, per l’etimologia stessa del nome, esprime appieno l’anima napoletana, portata naturalmente all’ironia e soprattutto all’autoironia.
Ma era pure fumantino e facile a fargli perdere le staffe, rispondendo per le rime a chi lo ha deriso affibbiandogli nomignoli offensivi.
Impossibile non conoscere la sua capigliatura folta e riccia un po’ selvatica con quel sorriso a 32 denti ma la sua popolarità ha valicato sicuramente i confini o di quando divenne virale quella sua risposta di quando lo chiamavano “Er Moretto,”? È lui replicava: ma che c‘è l’ha con me?”.
Geniale i suoi racconti all’interno del cimitero cittadino, esibizioni o degli sfoghi scanditi da gestualità irriverenti a questioni con i familiari del defunto.
Una mascotte capace di elargire un’allegria, anche quando viene immortalato in questo scatto, un’immagine malinconica che lo ritrae seduto sulla carrozzella mentre viene sollevato per dare un bacio al mantello del suo Santo protettore San Giovanni Battista forse l’ultimo, si perché qualche mese dopo, il 13 settembre 2014, Vincenzo si abbandona alle sue abituali passeggiate, solitario custode della città che lottava contro la paura della morte.




Vincenzo Aiello ora riposa nel mondo dei giusti, in quel giardino di anime che aveva coltivato per lunghi decenni. Vincenzo è stata una delle memorie storiche del locale cimitero, una delle ultime grandi figure “caratteristiche” di questo paese, che da oggi ne conserva memoria tra le righe della storia. Lieve ti sia quella terra, quella che tante volte hai posato con discrezione e dolore sulle anime che adesso ti accoglieranno in “eterno”.
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